 | Grace96 |
| | La promessa. Quanto odiavo aprile e tutte le sue odiose giornate. La sua aria primaverile e il suo cielo ceruleo, tutte cose che un tempo mi avevano prontamente portato via tutto: degli amici, delle esperienze, dei sentimenti, e il mio adorato distintivo d'avvocato. E quante persone ho trovato subito dopo nella mia vita, senza nemmeno essermene reso conto. Persone che nessuno sarebbe più riuscito a strapparmi via, questa volta; avrei lottato con le unghie se necessario, ma la nuova famiglia, la mia bambina, nessuno me l'avrebbe toccata, nessuno avrebbe osato portarmi via quella nuova vita che avevo composto con tanta fatica, cura e dedizione in sette lunghi ed interminabili anni.
Il mio cuore sentiva che stavo mentendo a me stesso, che seppur quella vita fosse serena, avevo perso per sempre un'altra cosa ben più importante: l'amore. Era volata via, scappata, e con lei anche il mio cuore ha subito uno sporco e straziante maltrattamento; tant'è che non ero nemmeno così sicuro di possedere un organo vitale che batteva per qualcuno. Nemmeno per me stesso. Ma un tempo, il mio cuore batteva per lei, batteva appena la sfioravo con lo sguardo: quanto adoravo i suoi splendidi occhi color verde smeraldo. Come avevo potuto farla andare via, deluderla in quel modo, risponderle con un tono sgarbato o per di più, mostruoso? Quell'essere non ero io, e solo in quell'istante me ne stavo rendendo conto.
Di sfuggita guardai il calendario, e con un sorriso amaro in viso, abbassai il cappellino cucito a mano da Trucy sui miei occhi celesti. Nessuno deve vedere che le lacrime mi stavamo bruciando il viso, quanto fossero carboni ardenti marchiarmi le pelle.
Me la immaginai per un momento sul nostro divano a cui ero appoggiato giusto in quel momento: fantasticai Maya masticare un succulento hamburger comprato al solito posto, fantasticai vederla sporcarsi di salsa attorno alla sua bocca rossa e fantasticai come io che le ripulissi il viso stressato e le ribadissi ancora una volta della sua totale mancanza di grazia.
Maya era piuttosto manesca e piuttosto imperfetta: e mi piaceva questa sua semplicità. Aveva un cuore puro, un cuore che sette anni fa stritolai senza alcuna pietà, in quello stessa giorno, esattamente sette anni dopo, eccomi lì a ripensare ancora una volta a lei. Un'altra lacrima mi scorre il viso fino a toccare la barba incolta che mi stavo facendo crescere con nonchalance: la verità era che non mi va di toglierla, ero diventato pigro negli ultimi sette anni, e poi non dovevo farmi nemmeno vedere da chi sa chi. Sentii la tasca dei pantaloni vibrare, e riconobbi ancora una volta la mia sua suoneria: Il Samurai D'Acciaio. Come in quel momento se non stessi già soffrendo abbastanza, ecco che ci si metteva pure la sigla del suo show preferito!
Scocciato dalla musichetta vivace, guardai lo schermo verde del telefonino: il nome che vi comparve sembrava implorare di essere ricevuto. Stavo per premere il pulsante verde, quando il ricordo di quella giornata mi destabilizzò e mi fece esplodere il cuore, di nuovo.
Quel giorno d'apirle era passata circa una settimana da quella farsa di processo, e io mi dilettavo nell'arte di dormire, dormire e oh, dormire. Quanto mi piaceva riposare, sembrava l'unica cosa che sapevo fare meglio in quei giorni di disoccupazione totale. Mentre il cappellino mi oscurava la vista, come per incitarmi ad appisolarmi ed essere cullato dalle tenebre, il campanello, inequivocabilmente, si mise a squillare all'impazzata. Chi poteva essere ancora? Edgeworth, Gumshoe, Pearl, Larry?
Troppe persone che avevo sbattuto fuori dalla mia vita come se fossero dei semplici oggetti usa-e-getta. E me ne vergogno, se ci ripenso. Adesso come adesso, avrei così bisogno dei miei amici, delle loro stranezze e delle loro risate. Guardai la porta, e sapevo che prima o poi i visitatori avrebbero ceduto a suonare quel dannato campanello e, come era tipico delle mie supposizioni errate, mi sbagliavo. Ricordo d'essermi alzato con mia grande scocciatura e di aver aperto la porta bruscamente, ritrovandomi davanti un esile figura: aveva delle curve deliziose, inconfondibili, e che nei tempi d'oro adoravo guardare da vicino.
Sentivo l'odore dell'incenso di Kurain inebriare i miei sensi e guardavo quei grandi occhioni lucidi e disperati che piano piano mi scalfivano l'anima, come se cercassero rifugio nel mio cuore. La guardavo stritolare con le sue piccole mani il giornale che stringeva con una forza inaudita. “Che cosa significa questo!?”
La sua voce mi aveva rotto i timpani; era troppo intensa, troppo rabbiosa, troppo piena di odio.
”Non c'è nulla da spiegare Maya. E' tutto scritto lì, in maiuscolo: PHOENIX WRIGHT, L'AVVOCATO SVELA LA SUA NATURA FALSA E SFODERA LA SUA ARMA VINCENTE: UNA PROVA CONTRAFFATTA.”
La guardavo con fare provocatorio, e la vedevo sbattere a terra il giornale con violenza; ricordo anche che lo aveva pestato al suolo come se quella carta avesse una vita maligna al suo interno.
“E tu te ne stai qui con le mani in mano? Nick, ma che diavolo ti prende?! Non mi hai nemmeno telefonato, non mi hai nemmeno voluto con te in tribunale! Che razza di migliore amico sei, si può sapere?!”
Sbraitava, non l'aveva mai vista così arrabbiata in vita mia, e sfortunatamente quel giorno lo ero anche io.
“A che pro? Mi spieghi che cosa sarebbe cambiato se te lo avessi detto?”
Taceva. L'avevo lasciata senza parole, e Maya senza parole era uno spettacolo strambo da ammirare. Mi faceva pena, ed era confusa quasi quanto me.
”Quindi ora cosa farai, eh Phoenix Wright? Te ne starai sdraiato su quel divano ancora a lungo!?”
Feci spallucce. Probabile. Guardandomi ora le sue parole avevano centrato il punto. Sì, sarei diventato ben presto un Phoenix molto tranquillo, molto menefreghista, il contrario del vero me, dopotutto.
”Ma ti degni almeno di rispondermi?”
“Maya che cosa vuoi ancora?”
Le parole uscivano da sole, era stanco di quella dannata situazione, ed era venuta proprio lei, quella che avevo cercato di mantenere fuori dal mio baratro di disperazione che mi stava risucchiando sempre più.
“E me lo chiedi? Voglio risolvere la cosa. Dimostra che sei innocente, cavolo!”
“No. Maya è la fine, la fine della mia storia. Tu prenderai la tua strada, e io la mia...”
Lei mi guardava seccata e notavo i suoi occhi stavano poco a poco scoppiando in lacrime. Nemmeno una lacrima era caduta, ma sapevo come farla cedere. Sapevo i sentimenti che provava per me; non ero poi così stupido da non averlo capito.
“Maya, spiegami perché sei così attaccata a me? Non è che per caso ti sei innamorata di me?"
Zac. Lo avevo fatto. L'avevo finalmente fatta cedere. Era una sfida tra noi, a chi cedeva per primo. A chi avrebbe detto finalmente le cose come stavano. Ma mi sbagliavo, la sensitiva era più forte di quanto immaginassi.
“Sei un mostro. Che diamine hai fatto al Phoenix che conoscevo?”
“E' cambiato. E' diventato cattivo. Come descrive quel giornale, e ora sparisci Maya. Continua a vivere felice tra le montagne.”
Se ci ripenso ora, mi sarei preso a calci da solo. La mia povera Maya, quanto l'avevo fatta stare male. Che cosa l'aveva spinta a chiamarmi ora?... Se solo non le avessi parlato così male..
“Come puoi dirmi una cosa del genere, tu sporco traditore! Ascoltami bene, questa è la fine, sì. Tu sarai Phoenix Wright l'uomo senza cuore e io sarà la Maestra di Kurain, e con o senza di te, io andrò avanti. E ti ritroverai solo come un cane, Phoenix! E dire che un tempo mi piacevi.”
Lo aveva ammesso finalmente. Ricordo solo di averle sorriso e di aver abbassato il cappellino sugli occhi, non lasciando traspirare alcuna emozione.
”Quanto tempo fa? Tipo tre minuti prima di sbatterti fuori dalla mia vita?”
L'avevo fatta cadere. Il mio rancore era di dimensioni spropositate, e se ci ripenso ora, forse mi sarei buttato giù dalla finestra in preda dalle mi colpe. Come ho potuto essere così crudele? Sapevo solo che quel che avevo detto avrebbe fatto esplodere Maya, e il suo cuore sarebbe stato mio, per sempre. Eh già, sapevo che il suo cuore sebbene fosse stato triturato dai miei modi scorbutici e rancorosi, non avrebbe smesso di battere per me.
“... Addio Nick.”
Maya si era già girata, ed era in procinto di andarsene, quindi un istinto aveva fatto tremare il mio corpo, come un impulso irrefrenabile. Ricordo di averle prese il braccio e di averla spinta contro di me. La abbracciavo e lei non si muoveva. Le avevo baciato la nuca e le avevo sussurrato all'orecchio, pieno di rimorso e tristezza: “Scusami”. Maya aveva scosso la testa e mi stringeva forte con le sue piccole braccia. Era l'unica che era riuscita a tenermi testa e a perdonarmi sebbene l'avessi trattata come uno straccio. Ma anche il cuore puro come il suo era spinto dalla voglia di lasciare il mostro dentro di me, lasciarlo solo, esattamente come aveva predetto pochi istanti prima. Era una sensitiva in piena regola.
“Tornerò un giorno, Nick. E spero di rivedere l'essere di cui mi sono innamorata, non questo essere che mi stai mostrando. Addio, per ora.”
Maya corse via, giù per la rampa delle scale e io l'ammiravo correre lontana da me. Ricordo di aver tirato su il berretto che mi oscurava la vista, e sentivo una piccola goccia trasudare dai miei occhi, una lacrima sofferta.
“Addio anche a te, piccola.”
*
Il cellulare continuò a strillare nella mia gelida mano, e finalmente premetti il pulsante verde. “Pronto?”
“Pensavi di esserti liberato di me, Nick?"
Aveva mantenuto fede alla sua promesse. Sarebbe tornata da me.--- Narumayo all'ennesima potenza, lo so. :3 Io amo le One shot, poi su di loro sono ancor più fantastiche  | | | |
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Mi hai fatto stare con il fiato sospeso fino alla fine (anche se sapevo che Maya non sarebbe mai andata via per sempre!!!) Complimenti!!